ILLINOIS UNIVERSITY OF ILLINOIS AT URBANA-CHAMPAIGN Production Note Digital Rare Book Collections Rare Book & Manuscript Library University of Illinois Library at Urbana-Champaign 2015ORAZIONE PANEGIRICA Recitata nell’infigne Tempiodi S MariadellaPaffionc de MoltoRR.CaaomciLaterancnfi DAL GIACOMO CATTANEO agostiniano scalzo il dì i 5. Luglio 1707. In cui dall’Eccell.M0 Sig.RE D, FRANCESCO MOLES DVCA DI PARETI Caualiere dell’Ordine di Calatraua, del Configli© di Stato delle Maeftà Cefarea, e Cattolica, ed Ambafciadore dell’ Auguftiffimo al Rè Noflro Sig.re delle Spagne CARLO TERZO; Con vniucrfale concorfo di tutta la Nobiltà, à P|AChoridi Mufica, e ialue replicate, fi é fatto cantare iliolentie TE DLVM per hnfigne Vicroriadi £Sapoli riportata dallarmi Cefaree. ii "i L IK MILANO, Per Giacinto Brenna herede diLodouicoMonz»; * .Cm ¡lidi» de’S*p'ri°".lèi Dextera Domini fecit virtutem. ^ <■, Piami. 117. ' ?T!enzio vna volta querele troppo importune, lagrime troppo ignoranti, ò d va amore che poco vede , ò d'vna pena chepo-^ co decorre. li maggior torto che porta fariì ad vn male, che ila cu gioii d’viì gran bene c Pcileie troppo indifcreto nel piagnerlo. Nondeue così perderli il unfo nei dolore di ciò , che uffligge, che vieti alla ragione il r:ikif« dt ciò , che affai piò confoia « Vogliono, efferc inuidiate non compatite dal Mondo certe prudenti difgrazie , che c n vfuraditr.ffico fruttano in-tcreifi. di piùpreziofe foitune. Lagrime beile, che Cgorgafteà correntia bagnar le rouine d’vua Monarchia cadente, ò mutate la f-aire , ò ieppelliceui nella volita , che il voler ancor piagnere per dolore, è vn offendere le grazie di quella Prouidenza coitele, che v’apre sìa gli occhi vna vena di pih contenti, eh; non era la vofira di più dolori. Non vfeite più nò fpremute dal duolo per vn male, che già fini, più lofio (filiate dal giubilo per vn maggior bene , che v’iaco-raincia. Quella gran machina del Mondo viGbile,eila è aifentiredi Teodorcto vs miracolo di tanti miracoli, quante fon le foftanze , che i’abbdiifcono , mà aucrtite , foggionge il mio Grin Padre S. Agofiino di non confiderai quella»* machina in pezzi fenza la concatena tura del tutto , perche nelle opere hueHate à proporzione , il bello Tempre rifulta dal congiongiment© armonico delle parti: Totttm attende, & totutn laudabis. Chi confiderà il funertofiii-ma della Monarchia Ibera, ri ma fa vedoua fenza fpofo , orfana fenza padre , ile r ile fenza fi-con vna potenza al fianco, non men auidadi poffederla,che forte per con-quifiarla, con più eferciti che la circondano , con più armate che la deuaiìa-no , con più vittorie che la dimezzano, in ertremo pericolo di perdere e col nome il dominio, e colPrmcipeil principato, hà occafione di piagnere, purché^» fian gli occhi fedeli, ò n lle feiagure del Rè il caffigo del regno , ò nella perdita del Regno la deflazione de Sudditi; ma poi, tot km attende ,&totani Uadabis. Quell’infinità fapienza , che nihit fìneret miti nifi a deh e [feto ¡tvìpotcns, vt etìam benefaceret de maloy fentimento Aff icam , regolati ¿imi in ogni difordine dd tempo,infallibile inogni fallo del cafo , sà condurre all’ottimo per le rtradc del peifuno , sà far glorie della fperanza li timori della diffidenza, in 1 rizzi i finiftri, accomoda i (conci , e rende k fue opere più perfette con i’imperfezioni mede-fini c deli’vmane vicende. Vedetelo, godetelo, Popoli fortunati» nelle moltipii-*ate vittorie, che giornalmente vi porta sù Pali di Aquile gloriofe , Tempre fo-nora , e fempre fefteggianre la fama . Ah non è egli il vero , che digitai Dei •fi kìe , anzi non fole il dito , ma tutta la delira di Dio è impegnata nelle vomire fortune , per fami d'vn pieciol male vn gran bene ? Dado dunque meco, «he ben lo merita quel gran trionfo , dirò meglio quel gran miracolo, di cui cggi (¡celebra eonl’offequio Papplaufo, e coi rendimento delle publiche grazie l’argomento delle publiche gioie .Ditelo: Dextera Domìni fecit virtutem, E che irirsù mici N. / Vditela dal Coronato Profeta, infittì*pitti* efi dextera tua " "........;; # % ' ;; l*La vitti. della deflra di Dioèla Smilizia , mini fuioinfiUUm ; e a chi la fece ? alla di pietà vcrfo Dio , merito d’amor vcrfo i popoli. Due grana argomenti a-F r . ma la fcarfezza del tempo dato per comporlo , e piu limitalo p Sla 1,e‘mani dePfindpi Cor«1 in mnnn Domini , coti il Rè fra Sap,e„. « che ma catene della conferenza .Se ma , r ggc PI d| ftjto non cono,cerc altra i _______________. s ... rma„’"^„¿‘one di iato non conofcete altra , Rendono oltre :1 confini del gtu • fnderg mtto ciò , che s’ottiene co UJ _ r i: .u; - che l'innocenza fui le SICUU*------------- ^ gion , che fe Beffa , e kc.amente c'hc Vinnocenza fui fi buon fucceffo. Scrina, con tan )c wgfdell’Euangelo deuono c< mette in troppa foggezioriele Coi u -Checentrato dalla Teolog formarfi ai dettami dell vtile, e _ f ^ , con tanto fcandalo della fei che proceduto dalla fortuna : Scnua 1 1 .nettj e douertt ammette che la pietà non e buona configli r g• cRq ? qualche ftrauoìta politi« quando veftita d’ipocrifia può P fcriffero . Tutta Pittorica C Ah maffime pm nere ddDnchioftr mcmjta a quelli diabolici dog, «ologia , e fagra , e protana uà annerilo II primo Principe che dom veleni del giufto, e corruttele e g • patrimonio l’impero del M sh la terra , finche fe l’mtefe con D»o ,eb^perp ^ ddCreat0 . j do, per palagio vn Paradifo, per ‘ criminale in man dello ftento, da to ribello al fuo Sourano, vien da P . e fuj modello del primo per follieuo d’vnafatica ha vna fa«ca mag_g Le£eg iediSaule> diSalomc a migliaia fi ftampano le te> P.J finche {ì timore di Dio è gemma di Sedecia , di Dauid , _ , fcettro, regnan temute , viuono l©ro diadema, c anco aPP°gS ° :cj di Dio ftrauoite dal fenio , ci, dominano glonofe : Collegate c fi perfeguitano dali’inuidii uertite dall’ambizione tracollano a P ex mCr Prìncipes extiter fpiantano dalle guerre . 7?f o in Ofea all’ottauo. Efempj < Ì muricele F f^ ca mano ; ceto m mr ' vivuò funeftarui con lugubri memorie il giubilo degl* odierni trionfi : Per altre, ^ quante Stelle ecclifiate, quanteLunc feonfitte, quantiScettri (piantati,quante Monarchie diftrutte, quante corone conuertite in catene , quante Reggie ine, fepolcri, quanti Troni in patiboli, ò perche vi ledette vfurpatrice la violenza, ò perche la forza vi fouerchiò la ragione , ò perche Fin te re Ile vi tradì la giu-flizia, ò perche furono i Regni corrotti, ò perche furono i Regnanti viziali: Regnu m è ¿ente in gentem transfer tur propter ìniufiitìasy & diuerfoi dolos, non è s. più 1 fiori a, che parla, ma fede . liti &Àificabnnt , £r ego defiruam . Alalìgmtas euertet fedes Potentium . Ah s’è così , laida temi dunque profeguire il diicorfo '• *• cosi. _ ^ e io dirò, che l’Auftriaca Monarchia fù la piu felice, la più (labile , la più glo» riofa , che vanci ne Tuoi annali cronoioga vna reale fortunale la dirò fino dal 410. chieda dai Rè diFranconia con vna vena difangue così fa moia nei Mondo, che tinta con gl’ offri della Boemia, Nauarra, Portogallo, Suezia,lng.hil-terra, Normandia,Polonia, Cortandnopoii » e Roma , epilogale fola la nobiltà de più Regni; fìcche in ogni Monarca Auftriaco regnaifero più Monarchi; che confeguenza, ò N. ne cauaremo? Se io dirò, che filo di dipendenza ù forte non fi vidde mai rotto a gl’ erti de tradimenti più fieri , anzi refiflè vigorofo a tanti tagli fatali , quanti furono i moki manipolati veleni, e che-» regnò con vn ordine di fucceifione fi fortunata, che arriualTe con iflupor dell’ ifìoria, della fama, del mondo à (criuer dì tei vn Moderno: Non legi ab Orbe Pa! condito vllttm celebre Regnnm in eadent cognatione din permanfijf ? ftcut Hifpanicum, A.yxih che «(iremo, ò N. in fentir ciò? Se io vi foggiongo, che quefìi Principi con_» lo feettro incorruttibile in manodi due Mondi mirarono Tempre al loro Trono oiiequiofa la pace , e vbbidience la guerra , Cernendogli la fortuna di Seggio^ e la felicità di Corona , con più trionfi che non contano ludri, con più conquide, che non dieder battaglie, con più miracoli che non cantan vittorie, che direte vi repplico, in vdir ciò ? Lafciace , che dirò io per voi. Li Cefari diedero Tempre à Dio quel eh’è di Dio, e DioconCeruò Tempre ai Cefari quel ch’q dei Cefari . Io non pretendo di (ereditare la gloria degù altri Principi, che-» come Soli di merita tutti riuerberano al Mondo rifieifi di crifiiane virtù, mà con ragione dimando, che fi conceda agl'Aufiriaci il meritato carattere di Regnanti Cattolici, che non conoCcono vguaii alla loro grandezza , perche non_, conofcono limili alla loro pietà. Parlino la Fede, la Religione, ilVaticano, il Vangelo , doue mai rìtrouarono propugnatori più forti, per chi mai s'attaccarono guerre più appaffionate , per chi mai più bel fiore di fangue fi fparfe» per chi più fante leggi fi fenderò , per chi fi dififuie piu prodiga la loro reale magnificenza quanto per Fortequio delFvne , e per la difefa de gl’altri, Non hò tempo, ò N. di parteggiare ìe iliorie , e di rapimi tutte le marauiglie con le autentiche prouedel loro merito . Vi baili Capere in iCcorcio, che non può leggerli annale, ò cronaca alcuna di quelli Principi, che marcato non s’incontri ogni foglio con caratteri di crirtiana pietà . Doueoifequij al Figlio > doue onori alla Madre, di cuHàpendo effer quel vanto per me Reges regnane, chi la porta Condotterà fui Campo, chi miniata fui petto , chi nello feudo col fub ttmm. pr&fìdìum graziofamente Ccolpita # Chi la diffende immacolata d’origine, & 2 chifí¿¿. Mar. Re¡. Atar. ehi U Coií'aKm!«^Met^*Auftria pcr Maria felice ne cambj con vfura di prem »¿a «r ^ slgriuerita dal Mondo? Eh che qu* mondo,giacche per 1 Auit g contratto col Grande Aportolo delle, fto è vn ^¿¿^emorìa : A~ Hi/panU *<& Spagne, di cui ogg trotter eam [uh p.itrocinumi menni rcciputmy l *«* »'hi deHOtfTuidre è coio pur quello del Figlio , che nel gabinetto d con l’impegno delia Madr P i Mancipi Inerì con queftapromeifafat Amando ISecondo^ figura a J* _ ^ X ^ di t K che Dìo non. aDDauuum .... . ddl> Aulìria prima tempre n pana cui vnnu«. Auftna , giacche nei g ^ ?neegi , che fon Tempre trattai d’intelligenza col Cielo. Ri g • Imperadoie LEOPOLDO ; nome,eh Giufto, lalciatemelo dir , 4 pernierò, e lenza adorazion deiì’atfei non può P™fcr“ü/foS precife parole, Ledilk »«giorno ad vn ino Cornigli, to. Non ve cofa Ione. F lcmcle vn Gran :e «quanto la Ina He rediStato) Nonvecoia,c p regnare, ò auuncadicoi fa grandezza, fe nonha alwWe £ u 4”b “ * nuvole.’titolo con (afe qnffie. B,fogna efe B^dyonia 6^¿P™ fcl brJcclü di quella ni |auud.ivjia ^iu . . v * j }- nnff-ri7 ì rì’vn ÌJlO • pCf atterrar quei pre rifletta, che affa. P'“ Pu0!' XeiKuot La ragione di Stato infogna fo che non prendono le miture politici biiotna prima lquadrarli su darla A U ragione de! Voìini couiig.ia S^ble^o^nfidubiu^io^P^’---tò > ^ „ yoftr< Si Principe glonofo , Dio v ^ Calibreranno à pofteri adulazioni dipe gefta mirabili, le vortre famo nel credere, ciò che adeflò appena pi ne, iperboli della fama,cdmeralir ^ ^ vedcrte nel Mondo con tanta gl crederli col vederlo. Si. Dio va 0 con tutto il giubilo del voftrogoc riadei volito regnare, or lo vede^ned’vnoaimoGenitore vedi re,mentre riftampata m due Figi) label la r ^ pktà.Chivi in loro copiata la ftefla fortuna,pere e . GIySEpp£> e CARLO P faper i bei ozij dei noto Augu^ ^ ^ trouarà, ò ftudiof. negl' »ni 5 - -...;:i"sr "" "gsSSSS»—w#fanti » niente fuperbì perche pili potenti, quanto arriua di presero tutto ri-^s v conofeon dal Ciclo, à cui fi fanno publici fpecchi d’vn efemplar gratitudine, e d’vn obligata corrifpondenza. In età così giouane Tenni cosi maturi,in età così lubrica cofiumi fi angelici ; in età fi auenente modefiie cosi gelofe , cfae^ non può faperfi, le piti regnino da Principi, fe piu amino da Padri, o fepm ponemmo da Santi. - . vi ftupirete poi, ò N. che Monarchi di tanta virtù fi rapinano tutta Ia^ beneuolenza da Sudditi , in modo che ò non abbino cuore, ò lo vogliono folo attere per amarli ? E’proprio della bontà il farli naturalmente a mar dall’ arbitrio Puod bonum efi, nectlfariò amabile e fi , aifioma dell’Angelo frà i Teologi'• Or fe neccffita à farli amarla bontà, quand’anche collocatali ve®ga in*vn foggetto, ò indifferente per genio, ò firaniero pernafeita, o anche nemico per culto, che farà poi ammirata in vn Principe, a cui fi naicej (addito per natura , vbbidiente per legge , e amante per meli inazione? Ah che per qualunque violenza non può mai toglierli quel naturale infinito , che hà ogni cofa al Tuo centro, e fe da qualche forza eftrinfeca vicn impedita il Tuo corfo, ftrepita tutta la natura negl’ihfenfibili, tutta la ragione nei ra-eìoneuoli, fin che nongionga al fofpirato ripofo. Centro di chi nafee Vaghilo fa Tempre l’amore ai Tuo Principe, ed à quel Principe folo, Totto cui naTee. La natura faggia maeftra dell’ordine creato ftampò viuamente nell’anima dì cadauno che viue vn amore innato à quei principio, da cui dipende per titolo di figliazione, ò per carattere di feruicù : Onde frà il Monarca e il Vaffallo paffa vna fi npatia Tegreta d’affetti inm‘fcerati,clr formano poi la bcllaarmo-nia del Principato; e quanto il Principe fi rende per la bontà,per la religione e per il buon gouerno più amabile, ta ito l’amore fi fa oiu torce nel cuore del Suddito, che prima di fiaccategli dai cuore , Te gii ftaccarebbc dal cuor ifteffo la vita. .... * Ditelo voi, miei fortunatiConcitcadini ,giunti vna volta a rigoder il paleggio di queil’Auftro propizio, le di cui arie amabilifiime erano tuttofi refpirodelle voftre paifioni, erano tutto il paTcolo de vofiri penfieri , erano tutto l’ozio de vofiri affetti. Dillo tù Città fedehifima, ritornata vn giorno à pofar Totto l’ombra di quell’Ali Augufiiifime, ledi cui penne guerriere coronate di mille palme, ormai fon giunte col volo all’apogeo più nobile della gloria . Ditelo tutti, che fpafimo era già quello del voftro cuore in douer laiciar vn amore, che nato con voi non poteua effer diuiTo da voi. Dite , che dura violenza in douer trattenere per foggezione vna fimpatia che nacque con libertà, in douer difamar per politica , chi amare doueafi per natura. Ah non è egi’il vero, che non ofiante qualunque fede giurata à potenza ftraniera , Tempre nodrifte in_. voi vna gentile impazienza , ed vna collante fperanza di ritornare al bacio di quel genialiifimo feettro, che per diritto di legitimo ius vàtaua fopra di voi,non faprei, fe vn dominio d’amore , ò vna padronanza di feruitù ? Non è egli fi vero, che per qualunque difgrazia tenraife intimorirla tua fede, ad ogni modo tu ò Città generosa non la degnaui intrepida del minimo de tuoi rifteifi, non che l’accoglieifi abbattuta c^l minimo de tuoi timori? Non è egl’il vero, che al primo campo di libertà aperto al tuo amore col primo campo di Cefa-re comparfo alle tue porte, non afpettafìi nò, ma incontrarti il tuo giubilo nellaperfora del tuo Principe , dandogli in mano le chiatti del tuo dominio, dopa che in fu© dominio eran già quelle del tuo gran cuore . A te dunque Patria fedele deue il fior delle grazie quella bella Partenope , eh’e il fiore delie delizie. Tu gli feraifti di efemplare alla fedeltà , che ben merita il nofìro Carlo Regnante : Da te. imparò ad incontrar le fue armi con tutta la pompa del giubilo, doue altre s’accolfero con tutta la violenza del genio. E chi fu » miei N., che potè obligare quella grande Metropoli à mutar va ila 1-lapgio, e riconofcere nuouo Principe? forie eferciti bellico fi, che la cingefi-fero con affedio, e chiamailero quanto prudente l’arrenderfi, tanto temerario il diffonderli ? forfè armate maritime , che s’accoftafiero con inferni natanti ad intimare il facheggio di quel nobile Paradifo ? Fù ella forfè tormentata con fuochi, filetta con fame , ò ridotta in anguftie dalla neceffità ? Ah perdonatemi armi per altro fempre gloriofe di Cefare . Se non era 1 amore, che faceua la maggior guerra al cuore di Napoli, troppodeboli erano quella volta le voftre forze per vn acquifto li celebre. Dieci foli Reggimenti Ceiarei all’imprefa d’vna Città , che fà cento eferciti da fe fola ? li ritornartene tenza profitto era la più infigne vittoria , che fi poteffe fperare : Ma i’effer veduti, ottenne affai più dall’amore, che dal valore l’èffer temuti, e come ‘e di Gerico caddero al folo fquillo delle trombe Giofuetiche, caddero queiie di Napoli al folo firepito delle trombe Cefaree, alla folacomparfa di quei amati veflìlli. Gran fatto, ò N. Vna Città, che può dirfi fpauento di qualnnqu^, potenza ftraniera, e per il fico che la circonda , e per le fortezze che la omen-tiono, e pervn numero innumerabile d’va popolo bell icona che vi «oggiorna, coronata da vna fioritiifima Nobiltà di Duchi, di Principi, di Baroni , tatti nati all'onore, bafteuole per confeguenza à difenderti loia da piu nemici, pure alia potenza di Carlo non è più quella , e doue con altre o n rioe..o a,n-muttinata, ò fi diffefe intrepida,ò fi mofirò furibonda, quella riceue giuiiua, incontra pacifica,accoglie feftofa, e come giardino ch’ella è delle pm norue_j delizie, par ch’incontrando il fuo Aufiro gli dica con l’innamorata uè Cantici. Peni Jufier per fi n Ortum mettm , vtjluant aromata eim . Spezzato ogn. freno al fuò Cauallo belligero, corre con falci di gioia à tributarli «i lu0 °nn‘ cipe,ed vfeendoglì incontro ogni età, ogni Ceffo , ogni condizton di perionm tutti d’vn folo animo, d’vn fol penderò, d’vn folo cuore, fuddm d amo! e pii che di forza, prima che Carlo entri ad impoffeffarfi di Napoli, elee Napoi à darli in mano di Carlo. Le altre armi dentano di farfi firada a gl’ acqui fi per la renitenza di chi le contrada : Quelle di Carlo dentano di farli filala» per la gran folla di chi lo defidera . Diuenuta importuna , anzi fino ido atr. la commune allegrezza non fi contenta teruirlo, giunge ad adorarlo , aceom pagnandò i Vefììlli di Carlo con torchi allumati, accefi da quel gran fuoco o gioia, che nodrifee nel petto. E chi può efprimere all’ingreffo delie i iupp Cefaree in quella gran Patria delle marauiglie il carro fconcertodelgaudio cn luffunò d’ogni parte, il Viua fefiofo che firepitod’ogni voce, 1 acclamazton gioconda eh’ eecheggiò d’ogni lato , I’vniueriale contento che rimbombo a c gni firada.^ a rr/uatrgl’ifieSì bronzi à finezza rii, non laprei ,fe per troppo fuc co di oùfi.pr:; ò 'po uaaUauorato metallo? Ah cì ** ' ' nonnon può effer pártó d'vna fai lingua, ciò che fu concetto di tanti cuori, ne poffo defcriuere ciò , ch’efifendo miracolo più che trionfo, più che lingua di Vomo , vorrebbe vna eloquenza di Angelo . Le opere di Dio non abbifogna-no di arte vmanaper parer grandi. Spiccano abbaftanza da loro medciìme, e noi più che imperfettamente lodarle,dobbiamoriuerencementeadorarle.Conchiudo dunque il difcorfo, come gli diedi principio-. Detterà Domini fede mrthtem , Dtfingauiamofi, ò mici N.N. Quella è virtù di Dio, potenza di Dio, che vuol fare giuftizia al merito.d’vna Monarchia fi Tanta , propugnacolo della Religione, foftegno della Criftianità, colonna più ftabile della fede, gemma più nobile de battezzati diademi, e fior più illibato dei fcetrri , che_j» fono umettati alla Croce. Giuttizia di Dio, che vuol fempre più grande in., terra vna Monarchia, che fempre col merito fifa più grande nel Cielo « Le palme trionfali, che in altri Campi di guerra fi Ragionano al folo fuoco dì Marte, in quelli delTAuftria vuol che maturino al lume fold’vn Apollo . Pian-fe va Marceilo in Siracufa, vn Alettfandro inPerfia, vn Agefilao in Grecia, c con le lagrime loro accularono le grandi amarezze con cui và fempre temprato il dolce d’vna vittoria,; Mà Detterà Domini vuol che per Carlo non>* lia così: Vuole anzi, che goda il puro dolce lenza verun amaro che lo aue-kni. Vuol che trionfi fenza cóbattere, vuol cheacquifti fenza perdere,vuol che vinca fenza contratti, vedendoli Regni, Prouincie, Città, Fortezze, che nei fecoli feorfi Rancarono il valore di più eferciti, le annidi più potenze, le fatiche di molti anni àcombatterle, renderli alle armi di Carlo in così pochi giorni, e con tanta pr ertezza, cheilpoffederle appena può dirtinguerfi dai volerle. )rsù feguite pure , ò gran Dio degli Eferciti à far giuftizia al noftro Principe Cattolico, accrefcendogli fempre le glorie, ecrefciute conferuandogliele fempre immortali. Evoi òGran Vergine, che per impegno vi liete prefa la protezione dell’Auftria, Tappiate, che il nortro Carlo regnante non può adorami con quello à voi così carofaluto. Aiie Mar la grafia piena Dominas tecum, che affiemenon vi dica in rigor di Anagrama íillabico. Adama Carolum III. tua fperegnantem m Amatelo dunque, ò Gran Vergine, che ben lo inerita quell’amore, che porta à voi, e vnito alla Madre, quello che porta al Figlio. Lo vedette pure a vo-flri Altari proftrato da voi riconofcere il felice polle ilo di Barcellona, econle proprie mani appenderui in Monferrato quel teforo guerriero donatogli dal Genitore, rtimando meglio farlo voftro tributo, che fuoornamento, ed ingemmamene il piede, checingerfene il fianco. Vi vedefte pure inalzata sù le publiche piazze conStatue erettefoprapreziofeColonne,a cui Temendo dibafe l’amor generofo di Carlo, non èli rtabile la figura sùi marmi, quanto fi inoltra il figurato nel cuore. Ama dunque, ò Sourana Regina, ama Carolnm tua fptt regnante m, e già cheCarlo regna pervoi, perche tutto riconofee da voi, fia voftro impegno di fortenere ciò, che fù voftra bontà di concedere : Se voi gli fíete laprima nel cuore, fatech’egli fia il primo sùi Troni, dicendogli; Ego Irimogenìtum ponam te excelfum pr& Regibns terra. Fate , che la giuftizia gii laftrichi il Temiere àgi’ applaufi, l’inuidia morda il freno alle Tue glorie , la fellonia gl’vmilj lafuperbaceruice. Fare, cheilzelo gl’apra ftrada àgPencomj, le virtù gl’afEftino per guida, l'eternità lo porti fui volante carro degli anni, e ili ¡1 tutto fottó gl'aufpìcij vollri, tempre più profpero, e fortunato gl'arrida. Je in tanto troppo tardi accorgendomi, che la mia lingua Terne più per ombreggiare, che per dipingere al viuo legione degl' Auftriaci Eroi, Tupplirò col tacere al Mancamento del dire, adorerò col lìlenzio ciò che non pollò encomiar col difeorfo, e laTcìeiò in vece , che parli la Delira di Dio con la voce de Tuoi moltiplicati prodigi, fioche Tempre più s'abbi à cantare. Dcxtera Domìni f*cit virtùtm, e il noftro Cario Regnante abbi fcajpre a foggio^ gere. Denterà Domìni exalt auit me*-___________