E ILLINOIS Production Note Cavagna Collection Rare Book & Manuscript Library University of Illinois Library at Urbana—Champaign 2018 cto spoo — mumcomentte co AAo i— sen <1 — * * ee fF"u. eeo Rio n… ,.-,,,v meiiine SRo omrme eee , sr eiio _N'f«"t gr eu to ? > 1(Èj[ g Ùf ‘; i & È \ e ii fi 28 così de svizeri de che se ne aveva qualche sintor come de altra sorte gente : et che in questo mezo non possendo anche Tlui volare più de quello potesse al presente, et essendo certi che doppoi fosseno piantate le bombarde le murre de Nouara havessero quattro dì ad essere così nostre, come di quelli de dentro subiungendo che non esser altra difficultà che in gra— vezza de havere a levare le bombarde per la mosta ‘ del re a darli soccorso; mi pareva se guadagnasse più che perder perchè posseva succedere chel disegno nostro ce reuseria innanzi, ch‘ I Re potesse venir coi (1) per la expugnatione, o per vederlì quelli della cita manchare de le promesse gli sono facte da Franzesi, . maxime essendo pochi et male disposti che forse mu— tariano la durezza qual hano demostrata finadesso ; et quando pur accadesse che le bombarde se auessero a levare semo certi de levarle e salvarle e poter an— dare a incontrare il re con tale sforzo, lassato etiam munito qua; che indubitatamente se possevano pro— mettere la vittoria certa; et venendo el re era vinto per tutto, et ricuperato la graveza delle bombarde, lo III”° Sig. Marchese assentiva al parere deli prenomi— nati Sig. remettendosi ali M” Provveditori, quali con la gravità sua consulta, se extesero ad approbar anchora loro la sententia deli prenominati Signori cum addurre in testimonio quello era stato consenzo de la sua IlI”* Signoria devircare col tempo et voler più presto spen— dere che ometter le cose in descrimine: ricordando anchora che la conservatione de questo exercito era non solo la conservatione di questi doi stati, ma de (1) Coi per qui. 29 tutta Italia; et perchè se disse per qualche cosa de Vercelli, così domandava che venendo el Re et ha— vendo Vercelli quello vorriamo fare noi, gli anche a questo che temeva che la Ill”* Duchessa de Savoia fuosse non solo tanto de u. ex. quanto del Re de Franza et quando non fuossi may per propria despo— sitione la saria per el particolare suo : et richieden— doli io se, in caso che Vercelli fosse per noi, erano de parere che togliesse l‘impresa de Nouara, risposono prima de si: doppoi se subiunse che credevano che non saria in faculta de la duchessa de prohibirli; et dicendoli io che quando la Duchessa dicesse questo eramo più apti noi ad occuparlo prima del re per esser più vicini et più forti e chel se faria per assi— curarsi, fu detto chel non se potria hauere senza bombarda et riducendosi a dire se la Duchessa non vuolesse acceptare più luno che laltro, ma stesse neu— trale, et desse neutralit communicati le pacina, se do— vesse pigliar la impresa de Nouara, perchè se el Re pueria appresso a Vercelli, possiamo anche noi acco— starseli a tanto chel saria successo affatto inutile, quan— tunque non fosse verisimile chel Re se dovesse espo— ner a periculo un altra volta, perchè non cessando di dir chel riconosca da Dio di hauere scappata questa fortuna dessere passato a salvamento, et essendo ani— chilite le forze sue et accresciute le nostre cum accre— scere omni di, non voleva già alcuna rasone chel volesse temptare più de Domenedio. Fuo pur dicto che non pa— reva de pigliare la imprhesa de Nouara rhesolvendosi finalmente chel se diceva come era offitio de caduno servitor el parer suo, ma erano poi apparecchiati ad obbedir a quello gli saria commandato a fare il debito. 30 Dicendosi quello si voleva fare in questo mezo fuo dicto che attenderebesi a prhoibire che ne victualia ne persone potessero intrare ne uscir. Questo e la soma de lo rassembramento et consulta facta sopra questa materia che e durata per bon spatio de tempo, la quale ho voluto significare a u.ra ex. con più bre— vità che ho possuto. ,, ” Appresso c‘ è stato unanimiter concluso per tutti chel si debbia in ogni modo mandar per Mons. de Argen— tone (1) non essendo se non con reputatione auendolo richiesto et cosi gli sono mandati el salvacondotto con li due trombettieri richiesti: maxime che per questo non se ha ad restar per provveder a fare tute quelle cose che pareva se possano fare ad offensione deli inimici. Ala ex. vra de continuo me ricomando. Ex castris ex. v.ra Miriomarium (2) die 20 julii 1495, ” Minimus Servitor, GaLEAZ _ SFoRTIA ViCECOMES DE S. 8., Giusta il parere dei provveditori Veneti prima di tutto si pensò ad espugnare ” un loco chiamato Briona de grande importantia insieme cum la Rocha molto forte e ben fornita ,,. Quel luogo, dove era Bignore Manfredo Tornielli, trovavasi ancora il XX VIII lu— glio ” a la divotione de Francesi ,, come riporta il D‘Adria; poi si cercò di convertire il blocco in più stretto e vigoroso assedio, per guisa che assoluta—. (1) Mons. Filippo Argentone era consigliere al campo di Carlo VIII e suo confidente; abile negoziatore, fu anche abile scrittore avendoci tra le altre cose lasciata una narrazione completa degli avvenimenti dei quali trattiamo. (2) Cameriano. 31 mente fossero impossibili tutti i soccorsi dal di fuori e tutte le comunicazioni, e cadessero nelle imboscate gli aiuti che si fosse tentato di mettere nella fortezza. Fu appunto in una di tali imboscate che si distinse il Colonnello. Coglionesco, come il D‘Adria lo chiama, sorprendendo i viveri ed i cavalli che nottetempo da Vercelli ” per la via di Monticello al di là de Ma— gnone (1), i Francesi mandavano agli assediati. ,, Non è quindi meraviglia se l‘Orleans il 17 luglio si la— mentasse con Monsignor di Rouen di non saperne più nulla del Re. Ecco la lettera (2) : ” Mon Cousin, ” Je suis tresfort esbay que depui votre departement nay au aucunes nouvelles du Roy ne de vous. A ceste cause vous envoye ce porteur, aussi pour vous advertir que ce iourduy, qui estoit le jour de ma fievre, elle ne ma, Dieu merci, point tenu, et esper en estre du tout hors. Vous priant tant comme je puis que incontinant me veulliez advertir de toutes choses par deux ou troys messagers, affin que si lun est pris, l‘autre eschappe et vous me ferez plaisir. Je rescrips au Roy ainsi que vous pourrez veoiîir: et pource ce voyez que bon soit, bail— lez lui mes lettres, ou en faictes ainsi que verrez estre affere pour le mieulz. Priant Dieu, mon cousin, qui vou doint ce que desirez. Escript. a Nouaire le XVIIT”° de jullet. * ” Votre bon cousin, ” Lors. « A mon Cousin V Arcevesque de Rowen. » (1) Lomellogno. ; : (2) Questo autografo è posseduto dal Cay. Avv. Gaudenzio Caire di Novara che gentilmente ebbe a comunicarÌo. 33 Codesto biglietto, sfuggito alla sorveglianza degli assedianti, è scritto dal Duca d‘ Orleans al Cardinale d‘ Amboise verso la fine dell‘assedio: abbiamo creduto utile il farlo riprodurre e riportarlo in capo a questo lavoro. Il singolare si è, che la carta usata dal Duca porta nella filagrana l‘impresa Sforzesca, e quindi pro— babilmente il futuro Re Luigi XII di Francia, asse— diato nel Castello di Novara, si era servito della carta stessa che usava Lodovico il Moro, quando trovavasi nella nostra Città. H=ecrazz=Spo FFP, Incredibili erano le condizioni degli assediati sti— pati nella piccolissima città. Il . duca d‘Orleans nel mese di luglio era travagliato dalla quartana, e seb; bene cavalcasse per la città e tentasse la guardia di notte, tuttavia si doleva di esser pigro. La malvagità del verno e le straordinarie pioggie avevano reso talmente acquitrinoso il suolo, che, per supplire all‘unico pozzo trovato in castello, i soldati poterono con pochissimo lavoro aprirsi un pozzo innanzi le rispettive tende : ne furono escavati fino a 1500, come narra il Bene— detti. — Indi le febbri miasmatiche, malariche, le quali, congiunte alla fame che aveva costretto truppa e cittadini a devorar tutti i cavalli, ed associate agli stenti ed alle fatiche di ogni sorta, avevano ingombre le strade fangose di morti e di morenti. — Anche gli assedianti non istavano troppo bene, sapendosi che per le stesse cagioni molti tedeschi morivano, e che lo stesso Gonzaga generalissimo della lega verso la metà d‘agosto ammalava per flusso di corpo e per febbre. — Tuttavia da una parte il Duca d‘Orleans persisteva nel rifiutar ogni resa, convinto che presto o tardi il Re sarebbe venuto a soccorrerlo, e dall‘altro canto gli assedianti si affrettavano a stringer sempre più d‘ap— presso la fortezza per impedire qualsiasi ajuto d‘armi e di vettovaglia, e per ottenerla innanzi che si pre— 3 34 sentasse l‘esercito del Re. Laonde per qualche tempo, tranne qualcuna delle solite risse tra tedeschi ed ita— liani, specialmente per qualche Elena da strappazzo, nulla avvenne di importante attorno alla città, al— l‘infuori della visita che la bellissima Beatrice, moglie di Ludovico Sforza, volle fare al campo degli assedianti, passandone il 4 agosto lo splendido esercito in rasse— gna; visita che lungamente descrive il Benedetti e che il nostro egregio concittadino Cesare Morbio ha ricordato in una tela a olio esistente nella sala del Municipio. Dopo questa rivista si decise si sarebbe dato l‘assalto alla città : al quale scopo lo Sforza aveva mandato subito bombarde, ampie grate, scale ed ogni altra cosa neces— saria, acciocchè l‘esercito stanco per uno assedio vano non perdesse la grandissima occasione delle cose (1). Difatti troviamo nel manos. del Gorricio già ricordato che il 15 agosto vi fu un tentativo d‘assalto. Il Benedetti si limita a dire che ” a‘ XVI d‘agosto i borghi furono sac— cheggiati affatto, da poi brugiati ,, — e che in quel mede— simo di i Francesi scaramucciarono coi Veneziani ; nella quale scaramuccia ” morirono circa CC Veneziani, et Luigi Lancia fu ammazzato con una artiglieria ,,. Invece il Gorricio pone questo combattimento non al XVI, sibbene al XV d‘agosto. E vedremo che la città di No— vara per il grande pericolo corso di una presa d‘assalto e di un saccheggio, istituiva un voto in ringraziamento a Dio. Dunque si trattava di un assalto in piena regola. Sentiamo il Gorriccio : ” Die sabati XV augusti quod festum Assumptionis Virginis mane tempestis (fempestive) dum essent accam— (1) Benedetti. 35 pate gentes armigerorum D. Ludovici Sfortie Ducis Mediolani, Venetum, pape et liga ipsarum, videlicet Veneti Casalgiate et Mauri Silve (in Selva) venerunt dicte gentes a tribus partibus burgorum, videlicet ver— sus fraghiam (porta) S. Nazari, 8. Johannis Baptiste (S. Agabio) et S. Jeronimi (8. Andrea), in tantum quod stetimus in maximo periculo et funerunt interfecti plus— quam centum de inimicis:; in tantum quod si Alamanni non succurrivissent, quod dicte gentes accepissent bur— gos et civitatem debemus referre gratias Deo et geni— trici Marie Virgini. ,, Il timore esternato dal San Severino nella relazione succitata riguardo a Vercelli si avverava pur troppo;poi— chè addì VII agosto un ambasciatore della Duchessa di Savoia dava notizia ai Provveditori, con sommo dispia— cere, che i Francesi erano entrati in Vercelli: notizia che tre giorni dopo costò la rovina di Bulgaro (Borgo— vercelli) mandato a ferro e a fuoco, onde anch‘ esso non venisse nelle mani di nemici. Di ciò fu dato incarico al Grasso, che in tale modo adempì al suo ufficio. Sappiamo parimenti dal citato Gorricio, che, nello stesso giorno in cui succedeva il tentativo d‘assalto so— vra narrato, Carlo VIII, per quietare i Novaresi che del— l‘assedio erano stanchi e volevano finirla, faceva loro tenere una lettera, colla quale accarezzandoli, sciorinava loro mille promesse. ” Deinde Serenissimus D. D. Karolus Rex Frhanco— rum scripsit litteras gratuitas comunitati Novariza in carta Caprina regratiando hos sive gratias agendo dicte comunitati de hoc quod dicta comunitas ricognovit 36 eum dominum, et confortando nos tollerare per octo dies, dicendo quod papa, Veneti, Florentini, imperator, dux Mediolani et rex Hispanie voluerunt facere, quod liga a bonis extolleret a Rege Frhancorum, et quod non potuerunt et quod remunerabit hane civitatem de amore et benevolentia quam ostendit ei : et date fuerunt dicte litere XV auguasti. ,, Come abbiamo accennato di sopra,i Novaresi, liberati dallo spavento che la città loro cadesse nell‘ assalto del 15 agosto, scioglievano il voto solenne nel modo nar— rato dal manoscritto di cui si parla : ” Die suprascripta horam circa XII fecit votum dicta comunitas genitrici Virgini Marie que liberavit nos die suprascripta de tanto periculo de faciendo omni anno et in perpetuum, die suprascripta cantare unam missam magnam ad altare maius et quod fiat processio: et dicta Comunitas fecit donationem Ec— clesie Maiori Novarie de apotecha (bottega) in qua habitat de presenti Magister Bartholomeus de Cabella barbitonsor, et vult dicta comunitas quod domini ca— nonici habeant ducatum unum inter ipsos et illud quod supereverit ficti, quod emantur duo cerei et ponantur super traben (cioè l‘architrave sotto l‘arco avanti l‘al— tar maggiore) (1) et quod comburantur. Carta Habetur per Olrigum de Capris anno et die suprascripta. ,, A fronte della grande pagina storica che lascia— vano gli avvenimenti di cui Novara era teatro, queste (1) Dove stava infisso il gran crocifisso ora trasportato nel battistero 37 inezie dovrebbero trascurarsi; pur giova ricordarle perchè servono a dipingere la infelicità de‘ tempi in cui allora viveva la maggior parte delle città italiane (1), che pure si reputavano felici ‘nella loro povera ignoranza. Alli quattro di settembre il Duca d‘Orleans agli estremi non solo di vettovaglie, ma anche di danaro, batteva moneta di rame per argento, cui nessuno osò rifiutare, (2) quando lo svolgimento finale dell‘inglorioso dramma stafa appressandosi. Infatti il giorno succes— sivo, scrive il D‘Adria, il marchese di Mantova pren— deva d‘assalto il Monastero di S. Francesco vicino alle mura della città, luogo forte e molto adatto per stringere la terra: lo muniva di 200 uomini e 3000 fanti e Io fortificava con artiglierie. Per tale modo fermava la via da quella porta verso il Monte di Biandrina (3), dove più facilmente si poteva entrare: ed il VI di settembre si impadroniva del borgo e de‘ bastioni di S. Nazaro che erano innanzi alla porta; nel quale fatto cadeva morto Piero Schiavo. Atterriti i Novaresi, per impedire che il simile avvenisse degli altri borghi, li davano alle fiamme, e tutti si concen— travano entro la città. Ma finalmente il dodici di settembre, con artiglierie grosse giunte da Milano, che portavano palle di pietra di dugento libre, e con artiglierie lunghe, si incominciò dal Borgo di Santo Agabio a battere con grande rovina le torri e la (1) Si noti che il Guicciardini fa una dipintura assai bella della feli— cità d‘Italia prima della venuta dei Francesi. Le disgrazie cominciano dalla discesa di Carlo VIII. (2) Benedetti. (3) La Montà? 38 porta. Il Senato Veneziano aveva già deliberati i premii agli assalitori, e Novara era destinata a miseranda fine, se per fortuna non sorgeva nuova invidia fra i soldati della lega, perchè la preda non fosse tutta riserbata ai soli Veneziani. L‘assalto venne sospeso. E fu vera provvidenza codesta, giacchè, saputo che il Re di Francia a Vercelli aveva portato a 26,000 uomini il suo esercito, e che intendeva forzare gli assedianti, Lodovico il Moro fu preso da tale sgomento, che, accordatosi col Conte Alberto Boschetto, il*quale aveva ottenuto un salvacondotto per recarsi a Vercelli a vedere suo figlio che trovavasi col Trivulzio, offi— ciavalo a tentare trattative. La quale missione, avendo avuto esito, si fè tregua immediata per otto giorni fra i belligeranti: in una località vicino a Borgover— celli a mezzo cammino fra i due campi, forse Torrione Balducco , si incontrarono il marchese di Mantova col principe d‘Orange — e addì XX settembre fu accor— dato al Duca d‘Orleans di poter escire da Novara e recarsi con poca scorta a Vercelli presso il Re, a patto però di ritornare, quando la pace non fosse segnata. Per cui nella città rimase soltanto il marchese di Saluzzo coi soldati affamati, ai quali però furono concesse giorno per giorno le vittovaglie strettamente necessarie, fino a che le trattative durassero. Non per questo: acquietavansi le paure del Moro, specialmente nello scorgere che queste trattative anda— vano per le lunghe da parte de‘ Francesi: laonde per troncare gli indugi, il 1. ottobre al dire del Benedetti, ” nascosamente accordaua la cosa coi cittadini di Nouara, che nella desperatione della cosa gli aprissero una porta, nella quale fosse tolto dentro tutto l‘esercito ,,. 39 Composta la pace, e pubblicata il IX ottobre, i provveditori, abbruciate le tende, e levati i padiglioni, si licenziarono dai soldati: e nello stesso giorno Galeazzo San Severino entrava in Novara lasciandone escire il Marchese di Saluzzo colle sue malconcie truppe (1) che indirizzossi subito a Vercelli presso Re Carlo. Senonchè, dice il Grumello, i soldati del Marchese erano così stremati di forze che ” gionti in loco di la Gallia (2) foreno infirmati la più parte et morirono, et pochi foreno campati ,. (3) A tale riguardo è importante la relazione di Mon— signor d‘Argenton (4), che era fra i negoziatori della pace. Questo testimonio innanzi tutto ci fa sapere che, recatisi i parlamentari francesi sul luogo del convegno, che era presso Novara, probabilmente Lomellogno, dove stava il quartiere generale di Lodovico Sforza, tro— varono ” in eius cubiculo ,, due ordini di sedili: nell‘ uno erano i legati di Massimiliano imperatore e del re di Spagna, il marchese di Mantova, i legati Veneti, quelli di Ferrara e finalmente Lodovico il Moro colla moglie Beatrice. Nell‘altro sedeva l Argentone cogli ambasciatori di Re Carlo. E narrato come il Moro soventi chiamasse all‘ordine i legati Francesi, perchè nella discussione parlavano chiassosi, fino a due o tre nello stesso momento ” tumultuosius fere et nonum>— (1) 2950 uomini da cavallo e 3330 a piedi, non contati i pochi che già erano partiti il 27 settembre col Duca. (2) In Lomellina, presso Galliavola. (8) Grumello XII. (4) Philippus Comineus — De bello Neap. lib. IV. 165. 40 quam bini aut terni simul ,, mentre gli altri discutevano sempre ordinatamente ed uno per volta, assicura che ci vollero non meno di quindici giorni per potersi intendere e definire la vertenza. ” Quindecim dies in ea re consumpsimus: ac primo statim die pactum fuit ut Aureliorum Duci liceret ex oppido prodire....... quo facto mareschalcus Jus et cum eo quidam missi a mediolani duce, Novariam profecti, Aurelianum evocarunt, qui, parvo cum comitatu egressus, magnam testabatur letitiam. Sed qui intus erant adeo vehe— menter affligebantur morbis et inedia ut Jus nepotem suum cogeretur illi dare obsidem, pollicitus fore ut qui proximo triduo omnes illine discederent........... Mortui enim sunt in ea obsidione partim inedia, partim aegri— tudine et morbis ad duo circiter millia: reliqui vero, tam erant exhausti viribus atque deformes, ut non vivi sed mortui potius viderentur. Triduo postquam Aurelianus prodiisset pactum fuit ut, ils etiam qui prae— sidio erant, egredi liceret. Marchioni autem Mantuae et Galeacio Sanseverino datum fuit negocium ut illos ab iniuria defenderent et in locum tutum detulerent. Oppidum in fide ac custodia civium permansit, inter— posita fide, ne cui traderent nisi prius quam de rebus omnibus convenissent. Ad arcis defensionem relicti fuerunt circiter triginta milites, quibus Mediolani Dux annonam permittebat quantum in dies singulos satis esse videbatur. Erat miserabile spectare illos qui op— pido exivant: nam sic erant afflicti et exanimati, ut cum circiter millia quinque prodissent, vix sexcenti essent ad pugnam atque ad defensionem utiles. Equos prope omnes in illis angustiis devoraverant et ubi iam pro— dissent in itinere multi passim languore cum progredi / s non possent, moribundi precumbebant, sic ut etiam hostes misericordia illos uterentur. Novaria petebant Vercellas ubi rex erat cum exercitu. Interveni cum ex nostris nonnulli reficerent circiter quinquaginta de— cumbentes quodam in horto qui omnes modico pane quem iusseram illis emi recreati fuerunt. Ubi Vercellas Venerunt, Rex aliquam pecunie summam dono dedit, et stipendia omnibus persolvi iussit etiam ils qui deces— serant. Helvetiis quoque satisdari mandavit ex quibus perierant circiter quadringenti: sed quantumvis amice illis administraretur, extintis tamen sunt Vercellis circiter tercenti, partim aviditate cibi, partim aliis in— commodis, ac passim in oppidi sterquiliniis multi vitam finiverunt..... ,,. Giunto l‘Orleans a Vercelli, avendo trovato che al Re, mentre trattavasi la pace, erano pervenuti in soccorso cinque mila Svizzeri stati assoldati dal pre— tore di Digione, e non potendo reggere all‘onta di rendere la città senza combattimento, chiedeva ad ogni costo che si dovesse approfittare dell‘inatteso aiuto ed assalire l‘esercito della Lega. Si durò fatica a toglierlo da tale proposito, mostrandolo ad un tempo inutile e pieno di pericoli. Infatti era inutile, dacchè lo scopo di togliere l‘assedio a Novara fosse omai raggiunto: pericoloso poi, perchè que‘ della lega erano superiori nel numero de‘ fanti e de‘ cavalli trincerati in saldi accampamenti, muniti di fossi e di valli. Ma ad acquietare il Duca d‘Orleans giovò più d‘ogni altro il forte sospetto circa la tanto decantata lealtà degli Svizzeri. Erasi invero notato non senza apprensione 42 ; \ ) che que‘ mercenari tenevano segrete ed isolate riunioni, raccolti come d‘uso sotto la loro bandiera: ed erasi poi con brutta sorpresa scoperto, che in que‘ loro conciliaboli essi stavano tramando il modo di sorpren— dere e sequestrare il re ed i capi dell‘esercito, condu— cendoseli prigioni a scopo di bottino e di ricatto. Ma, essendo stato Carlo VIII avvisato a tempo, pigliò la strada, e frettoloso riparò a Torino, scampando così da imminente pericolo se stesso ed i suoi Capi. Riavuta Novara, era da prevedersi che il Moro avrebbe pensato a vendicarsi de‘ Novaresi, che avevano parteggiato per l‘ Orleans; sventuratamente trovò un carnefice degno di lui, fedelissimo esecutore degli ordini e voleri suoi, il San Severino che, appena en— trato in Città e messovi nuovo presidio, la multava di enormi somme: parte de‘ cittadini sospetti relegò a Milano, parte rimetteva nelle mani del giustiziere: tutti poi aveva preso a perseguitare in modo da rendere loro durissima la vita ” atque ita afficti ut vitae taederet ,, come lasciò scritto il Bescapè. Alle persecuzioni di cui sopra appartiene il seguente documento, solo di pochi giorni posteriore alla ripresa della città. E il Bossi, ministro delle entrate ducali e delle confische onde esse si impinguavano, che scrive al Commissario di Novara, lagnandosi della lentezza con cui procedeva nello spedire la descrizione dei beni confiscati ed a sbrigare i processi e querele datte ad quello officio dopo la rebellione. ” Spectabilis tamquam frater honorande ,, ” Nanti la rebellione de Novara fussemo avvisati ] 43 d‘alcuni delitti commessi in quella città e nel Novarese et pur non havemo dopo inteso cosa alcuna de la expeditione d‘essi processi. Volemo et vi cometemo che cum ogni diligentia debiate expedire tutte le querele erano sporte ad lo officio del Commissario de Novara vostro precessore ante la dicta rebellione et exami— nare tutti li processi agitati che saranno da expedire secondo li ordini ducali, et trovandone li dareti expe— ditione senza perdimento di tempo secundo la forma de la justitia decreti et ordine predicti et maxime vedareti li processi et querele agitati contra li infra— scripti videlicet contra uno Bartolomeo de Nobili de Fisirengo per lo insulto fece contra Antonio de Morbiîs sopra la piaza ed il palacio de Novara per il quale havemo avuto la descriptione de soy beni. ” Johanne Buscaliotto habitante il loco de la Cella per certi excessi commissi fra lui et certi exseguitori de sale. ” Froncesco Boliotto et Andreino Caccia per insulti et ferite facte tra loro. ” Symone Torniello per insulto et ferite fatte contro FEusebio Piscatore et filioli per homicidio commisso nanti la gratia generale al tempo de la assuntione del ducato de lo illustrissimo signor nostro. ” Per la qual cosa debbono esser facte le descriptioni de li loro beni et così le condemnationi, ma non ne sonno anchora state mandate a my commo se denno mandare. ” Ft così vedrete tutti li altri processi et querelle datte ad quello officio dopoy la rebellione a le qual dareti expeditione et facte le condemnationi ne avvi— sarete subito per vostra lettera mandandomi tutta 44 quella descriptione sono da mandare et così ne havi— sarete a la giornata de le cose occureranno a lo officio vostro a ciò se ne possa tenire bon conto et che la causa habia il debito suo. « Mediolani 24, 9bris 1495, dn ” R. BossIUS. ,, Magistri intratarum ducalium. A tergo. ” Spectabili viro tamquam fratri honorando domino commissario Novarie. ,, Bravando poi i Francesi, come al solito, la rivincita, Lodovico Sforza pensò premunirsene : onde, appena avuta Novara, ne ristorava e rinforzava le mura. A ciò prov— vide Galeazzo San Severino non solo a spese de‘ citta— dini, che costrinse a pagare gli arretrati delle gabelle dall‘occupazione dell‘Orleans in poi, ma eziandio a spese del Vescovo di Novara, come risulta dal seguente ordine in data 4 marzo 1496, dove si invita il Vescovo a mandare senza ritardo manovali per aprire il cavo della fossa intorno al Castello e per fornire, secondo gli ordini del Commissario, i carreggi occorrenti ad ulti— mare la torre, il revellino e la scarpa di essa fossa. «Med. 4 marzo 1496. ” E.po Novarie ” Per gratificarvi questi di como sapeti scripsemo al Commissario nostro de Novara et per il carreggio di condurre le pietre et calcine necessarie per fornire la torre, il revellino et la scarpa della fossa, perche ogni volta che l‘opera di dicti homini bisognasse do— vessimo scrivere ad voy che li faresti fare et questo 45 voi richiedendovi per non alterare ne infranger li vostri privilegi, li quali non intendiamo altramente. . Ma essendo bisogno che le dicte fosse et conducte de dict. pietre et calzine siano facte et principaliter de dicti uomini vi confortiamo, et esorciamo ad man— dare subito et senza dimora ad fare il cavo delle dicte fosse et menare le dicte pietre et calzine secondo sera dessignato et ordinato per il Commissario de dicta nostra cita et per li ingegneri. Et in questo non man— cati per quanto extimati la gratia nostra: offerendovi fare scriptura nella quale confesseremo hanche questa opera per bontà et cortesia vostra, et non per obli— gatione prima che abiate di fare. Della ricevuta di questa et dell‘ordine vi avrete anche facto in mandare li dicti homini ad fare l‘assunto, me havisareti subito. ,, Questo documento trova la sua spiegazione nel fatto, che per i lavori delle fortificazioni eransi requisiti molti operai della riviera d‘Orta, sulla quale, per essere feudo privilegiato dei Vescovi di Novara, i Duchi di Milano non avevano alcuna giurisdizione. Come si è detto, il Duca d‘Orleans, stremato anche di pecunia, per supplir alla necessità delle molte truppe ch‘erano in città, si decise a battere moneta. Lo scrisse il Benedetti, lo confermò Pietro Bembo: * percusserat au— tem paullo ante nummum sereum Aloysius, cum precunia eum defecisset (1) ,. Le monete furono di rame e si spesero come d‘argento, perchè si era promesso sareb— bero state cambiate in argento alla fine dell‘assedio : ma (1) Storia Veneziana, pag. 1283 : Giovio, Storia del suo tempo. 46 nessuno ci ha dato il tipo o notizia più precisa di detta moneta. — Il novarese Carlo Morbio, nella sua Memo— ria sulle monete ossidionali, pretese riportar il disegno di tre di questi conii e da quello scritto le trasse e ri— riportò il Comm. Pietro Caire, nella sua pubblicazione sulle monete, sigilli e medaglie novaresi (1). Ma, a parte la considerazione che giammai di tali monete si potè vedere l‘esemplare nè presso lo stesso Morbio, nè presso altri, pare ad ogni modo inverosimile che in tanta miseria di situazione, e quasi alla fine del— l‘assedio, il Duca d‘Orleans potesse impiantare Zecca nel castello di Novara ed ivi battere non una sola specie di monete di rame col semplice segno conven— zionale, siccome avviene generalmente di tutte le mo— nete ossidionali (2), ma ne battesse di tre specie, e per di più monete di vera Zecca, aventi al rovescio, l‘una la croce gigliata colla leggenda: Novaria in obsidione; — l‘altra un porco spino con un bastone di ferro fra i denti e la leggenda : S. Gaudentius protector Novarie. — La terza nientemeno che il busto dell‘ Orleans in berretto, con capigliatura rat— faellesca e colla leggenda : Novaria obsessa anno 1495: ed ancor più strano si è, che si sia adoperata tanta cura di concetto, di conio, di incisione, su monete di semplice rame. — È pur forza quindi conchiudere che le monete effigiate dal Morbio devono ritenersi apocrife, e che benissimo l‘ Orleans avrà battuto mo; neta di rame, ma di nessuna forma, consistenza el (1) Novara, tip. Miglio, 1882, (2) Il Cav. Brambilla, nella sua opera sulla Zecca di Pavia, ci mostrò le ossidionali del 1524 battute in quella città, affatto informi e quasi senma impronta fuorchè delle due iniziali del capitano Antonio Leva. 47 importanza, se fu tale da non lasciare traccia alcuna di esse, non ostante le minutissime e diligenti ricerche fatte anche negli scavi sì dentro che fuori della Città. È certo invece che, gonfio della vittoria ottenuta, lo Sforza, a ricordo di essa, coniava due medaglie ri— portate pure dal Caire. La prima ha da un lato il busto del Duca, colla leggenda: Ludovicus Rex Mediolan. pacis generalis restitutor: nel rovescio l‘Italia turrita, fiancheggiata da un‘aquila che piomba sovra uno stuolo di Galli scompigliati. La seconda anch‘ essa presenta nel diritto l‘effigie dello Sforza, ma nell‘ esergo reca un — guerriero alla romana che piglia per la chioma — una donna a metà denudata. Sotto è scritto Novaria, forse rappresentata da «quella figura. Ma pur troppo a Lodovico Sforza doveva tornar fatale questo lampo di gloria e di fortuna : poichè quattro anni dopo quella stessa Novara, con tanta gioia riavuta, doveva segnare la catastrofe, che lo condusse a miseranda fine. A. RUSCONI. Noevara, aprile 1884. ìÉ(o\@g @/® @